Quali Batterie?

Massimizza l’autoconsumo!

Dotare un impianto fotovoltaico di un sistema di accumulo consente di aumentare il consumo dell’energia fotovoltaica prodotta (autoconsumo) e quindi di risparmiare ulteriormente rispetto a quanto consentirebbe di fare il solo fotovoltaico.

È noto infatti che l’energia prodotta dal fotovoltaico ma non autoconsumata viene immessa in rete in misura variabile a seconda delle proprio abitudini di vita: marito e moglie che non sono in casa per lavoro potrebbero immettere in rete anche oltre il 60% dell’intera produzione fotovoltaica.

Un ente statale, noto come GSE, assegna un contributo per ogni kWh immesso in rete di circa 0,1 €. La formula che definisce con esattezza l’importo ha diverse variabili che non ha senso approfondire in questa sede, possiamo però constatare che il contributo che lo Stato offre per ogni kWh pulito che il nostro impianto fotovoltaico cede alla rete è ben inferiore al costo dello stesso kWh in fase di prelievo.

Intendiamoci, è sempre un piacere ricevere i bonifici da parte del GSE per l’energia fotovoltaica non consumata e quindi immessa in rete ma è più vantaggioso stoccarla nelle batterie (quando non ho l’opportunità di consumarla istantaneamente) per ridurre ulteriormente il prelievo dalla rete durante le ore serali e notturne.

Sono queste considerazioni che hanno determinato una grande diffusione dei sistemi di accumulo.
Se – supponiamo – l’energia immessa in rete fosse pagata più di quella prelevata, le batterie nel residenziale non avrebbero motivo di esistere.

I sistemi di accumulo devono essere dotati tutti, indistintamente, di un sistema di monitoraggio che ne determina la logica di funzionamento.

Il sistema di monitoraggio è provvisto infatti di un sensore di corrente sulla linea montante di casa, quella che collega il contatore residenziale o di scambio (M1) al quadro generale.

Il sensore “avverte” l’inverter dell’eventuale immissione in rete di energia elettrica (i kWh prodotti in accesso dal fotovoltaico). A questo punto l’inverter smette di immettere l’energia fotovoltaica in rete per immetterla nella batteria, caricandola.

I sistemi di accumulo possono essere collegati sia sul lato DC (corrente continua) dell’inverter che sulla linea AC (corrente alternata) dell’impianto di casa.
Questa è la prima distinzione che bisognerebbe conoscere se si vuole approcciare bene l’argomento.

Nel primo caso, infatti, la batteria è connessa direttamente (o tramite interfaccia) all’inverter fotovoltaico, quindi è sprovvista di inverter bastandole solo il regolatore di carica.
Nel secondo caso la batteria è connessa sulla linea AC di casa, pertanto la corrente alternata deve essere convertita in corrente continua per caricare le batterie e poi di nuovo in alternata quando i consumi di casa lo richiedono. Un accumulo lato AC deve essere necessariamente provvisto di un inverter (bidirezionale) dedicato
Questa doppia conversione (AC/DC e DC/AC) riduce di circa il 5%-10% l’efficienza di una batteria lato AC rispetto ad una batteria lato DC.

È per questo che in genere per le nuove installazioni si scelgono inverter ibridi e batterie lato DC.

Su impianti fotovoltaici vecchi, con inverter non ibridi (ovvero non predisposti per l’accumulo), si preferisce in genere installare la batteria sul lato AC. Questa soluzione è pratica perché consente di installare la batteria ovunque vogliamo in casa (nel rispetto delle norme tecniche e delle istruzioni di montaggio) e non necessariamente in prossimità dell’inverter.

Inoltre, essendo dotata di un suo inverter, la batteria AC può erogare energia insieme all’inverter fotovoltaico. In questo modo le due fonti di energia (erogate dal fotovoltaico e dalla batteria) si sommano rendendo disponibile al cliente finale una potenza in prelievo notevole. Questa possibilità aiuta anche in quei casi in cui il contatore di casa scatta spesso: alla potenza del contratto di fornitura si sommano le potenze istantanee del generatore fotovoltaico e del sistema di accumulo lato AC.